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Maratona di Parigi: la Grande Course dei 40000, 1119 gli Italiani al via, corsa rosa per l’Etiope Boru Tadese, al keniano Peter Some la gara maschile.


Di Giorgio Pesenti

Tutti di corsa a Parigi, in barba ai dati negativi della nostra vita sociale ed economica di questo interminabile periodo tecnologico, è stato proprio cosi! Il popolo del running delle maratone fa’ scuola di aggregazione per la salute psicofisica di ognuno e la condivisione della fatica per arrivare al proprio traguardo personale fatto di un rilievo cronometrico e una sana soddisfazione di aver concluso un lungo sogno.

Cosa che avvenne già nel lontano 490 a.C. per l’Ateniese Filippide, ma noi maratoneti moderni anziché stramazzare al suolo, abbiamo concluso la fatica con il sorriso del trionfo stampato sulle labbra, e non poteva essere altrimenti perché siamo arrivati proprio davanti all’arco di trionfo Parigino, uno dei simboli che identifica Parigi e la Francia in tutto il mondo.

Domenica mattina 7 aprile la nostra dea bendata ci ha regalato una discreta giornata dal punto di vista meteorologico con un’arietta di primo mattino molto frizzante; dopo le operazioni di ritrovo sono avvenute le varie partenze dalle griglie sui Champs-Elysèe. E’ stato un avvenimento storico e altamente scenico, sia per i partecipanti, (record rispetto alle edizioni precedenti, nel 2012 i maratoneti furono 34297 ) e sia per i 250000 spettatori. Dopo gli start si e’ visto un immenso fiume di podisti lasciarsi alle spalle l’Arc de Triomphe, l’imponente monumento, voluto da Napoleone Bonaparte per celebrare le sue guerre vittoriose. La scenografia della partenza era un tripudio di bandiere arancioni e musica a tutto volume, vera manna importatrice di adrenalina allo stato puro. Per i runners- amatori questi 42,195 chilometri della marathon de Paris sono stati assai complicati, perché si è formato un’interminabile serpentone di corridori largo tutta la sede stradale, quindi ogni passo di ciascun atleta doveva essere dosato alla perfezione per non sbattere nell’atleta che ti stava accanto o che ti precedeva. Ogni 500 metri, i 90 gruppi musicali disseminati lungo il percorso, ti fornivano la giusta carica agonistica, l’assistenza in gara agli atleti è stata perfetta, i ristori erano posizionati ogni 5 km ed erano assai forniti di cibo e bevande, gli spugnaggi erano molto efficienti e nei km finali, per i piu spiritati, non è mancato il getto d’acqua per la doccia pre-arrivo.

Il tracciato e’ risultato molto filante per chi andava a caccia del “best time”, questa maratona e’ proprio la corsa ideale per il proprio record! Mentre per chi ama partecipare con lo spirito del barone De Coubertin (l’importante non è vincere ma partecipare; la cosa essenziale non è la vittoria ma la certezza di esserci battuti bene), i 42 km di Parigi sono apparsi molto intriganti e di notevole interesse storico e turistico. Roba da lasciarci gli occhi e il cuore i chilometri percorsi a fianco della Senna, i passaggi alla Tour Eiffel, la Place della Bastiglia, lo Chàteau de Vincennes, presso la Cathèdrale di Notre Dame de Paris, il Musèe d’Orsay; e dopo 41 km ecco, stavolta di fronte, nuovamente l’ Arco di Trionfo. Tagliato il traguardo ho notato, su tutti i volti dei miei compagni d’ avventura, un’incontenibile soddisfazione e serenità, nonostante l’estenuante forcing mentale e fisico per arrivare a coronare il proprio sogno del maratoneta; poi con la colorata medaglia di “finischer” al collo, in un lampo, la fatica si è trasformata magicamente in una gioia fanciullesca.

Onore ai vincitori, prima donna l’Etiope Boru Tadese in 2h21’06” e primo uomo il Keniano Peter Some in 2h05’38”. Chi scrive ha terminato la prova in 11156 posizione con il tempo di 3h47’26”.

Giorgio Pesenti

ono nato a Brembilla, nel bergamasco, e ora vivo a Almenno San Salvatore. Dal 2004 sono presidente della Valetudo skyrunning e collaboro con il network OutdoorPassion dal 2011.